lunedì 15 dicembre 2008

follia delle università?

Follia dell’Università o follia della Confindustria?
di Gennaro Carotenuto, Giovedì 11 Dicembre 2008, 09:00

Vi invito a leggere il pezzo di Gian Antonio Stella sul Corriere di oggi. Parla ancora di Università e di corsi di laurea inutili in sedi periferiche inventate dal nulla e probabilmente nessuno dei dati che cita è sbagliato.

Ma il pezzo è soprattutto un fulgido esempio di disinformazione. Date un’ occhiata veloce. L’idea sarà che è l’Università malata, baronopoli eccetera… e che quindi Mariastella Gelmini ha ragione ad usare l’accetta.

L’articolo però è un pezzo di bravura nell’indicare una metastasi ma per nascondere di chi è la colpa di quella metastasi. “È tutta lì, la fotografia della follia dell’Università italiana” scrive Gian Antonio.

Peccato che la fotografia di Stella sia stata taroccata col Photoshop e la colpa non sia delle Università, ma dell’ideologia del territorio voluta da banche e confindustrie locali.

Le sedi periferiche, Stella si esercita nell’estetica del trovare i casi limite, corsi di laurea con un solo iscritto o in paesi che hanno la colpa di non stare in provincia di Vicenza, non le hanno volute le Università, le ha volute la Confindustria.

Questa, meno di dieci anni fa, teorizzava che fossero necessarie almeno 200 università (ovvero raddoppiarle, sempre con soldi pubblici ovviamente) perché l’Università doveva espandersi nel territorio. Lo hanno imposto, facendo sprecare miliardi alle università, non ha funzionato e adesso si nascondono e danno la colpa all’Università pubblica.

Sono le amministrazioni ma soprattutto le banche e le Confindustrie locali, che cavalcando l’autonomia universitaria hanno offerto sedi in collocazioni improbabili, dettando corsi assurdi secondo l’ideologia per la quale le Università servivano solo a preparare tecnici collegati all’impresa e al territorio.

Corsi come quelli che cita Stella, «Scienze e Tecnologie del Fitness e dei Prodotti della Salute», che Stella bolla come “ follia dell’Università italiana”, furono invece follia della new economy ma soprattutto follia dell’ideologia mercatista.

E’ la sciagura del 3+2, che le università hanno subito ad aver preteso la moltiplicazione dei corsi in specializzazione sempre più ristrette per le quali non c’è più tempo di preparare un veterinario ma bisogna immettere nel mondo della precarietà un esperto di cani, un altro di gatti e un altro di bufale.

E andiamo a scavare, perché Stella si diverte a fare il bravo scopritore di sprechi ma è molto superficiale nella sua pseudodenuncia. Stella addita al pubblico ludibrio quello che secondo lui è un caso limite: a Celano, nella Marsica, in Abruzzo, un corso di ingegneria agroindustriale con 17 professori per 7 studenti. Per Stella non ha senso. Stella dimostra ignoranza e sfiora il razzismo quando definisce Celano “un borgo montano sperduto nel nulla” e riecheggia il George Bush per il quale l’Iraq era “un angolo oscuro e remoto del mondo”.

Adesso non ha senso per Stella l’Università a Celano… Ma dieci anni fa…

Dieci anni fa, sembra un secolo, era Letizia Moratti che teorizzava, d’accordo con la Confindustria, l’Università diffusa nel territorio. L’Università di sua natura è accentratrice e aveva sempre paventato lo svilimento e la licealizzazione del triennio, l’assurdità delle sedi periferiche, che si è poi puntualmente verificata. E quindi non c’è nulla che il Corriere della Sera non abbia sostenuto in quel corso di ingegneria agroindustriale che doveva preparare tecnici locali per l’agroindustria di un territorio agricolo come quello della Marsica. Adesso, invece di fare autocritica, il Corriere dà la colpa all’Università.

Stella poi gioca… 17 professori per 7 studenti. A chi non è addentro Stella fa credere che siano 17 stipendi da pagare. Balle. Almeno una dozzina sono sicuramente precari, dottorandi, assegnisti retribuiti con poche centinaia di Euro per un intero corso universitario e una speranza oramai svanita di carriera. Gli altri forse sono docenti strutturati, ma mica di stanza a Celano. Nell’ideologia difesa da Stella del tanto a peso andranno a Celano mugugnando per completare il loro orario di lavoro (misurato sulla docenza), quando più produttivamente per tutti potrebbero stare in sede (l’Aquila, Roma…) a far ricerca.

Ammette Stella che:

“il tutto è finanziato («Noi non ci rimettiamo un euro», ci tiene a spiegare il rettore dell’Università dell’Aquila Ferdinando di Orio) da un Consorzio voluto dal Comune, banche e alcune aziende locali”.

Bravo, è tutto qui il punto. Altro che follia dell’Università! E’ il libero mercato bellezza. Gli enti locali non servono ad attrarre sviluppo? Cosa succederà adesso col federalismo? Quello che omette di dire Stella, perché sennò il suo articolo non andrebbe rubricato nella categoria “follie dell’Università” ma in quella delle “vergogne della Confindustria” o delle banche, è che i famosi “privati” spesso poi non rispettano gli impegni presi. Semplicemente non pagano e allora nelle sedi periferiche non arrivano i computer, non ci sono le aule, i soldi, le biblioteche, i collegamenti Internet promessi.

I soldi non vogliono metterli loro, ma pretendono che li metta lo Stato. Questo non li può mettere e allora quelli che l’università in periferia avevano voluto si ricredono sul fatto che la sede universitaria dia lustro al paesello e abbandonano con una mano davanti e l’altra di dietro gli studenti e le famiglie che ci avevano creduto e le stesse università invitate ad investire parte dei loro magri bilanci per espandersi nel territorio.

La verità è che le Università pubbliche hanno onorato gli impegni anche nelle sedi periferiche, mentre i privati, le Confindustrie, le banche, non lo hanno fatto. E adesso che ci hanno ripensato, che c’è crisi, che l’utopia dei corsi di Laurea in «Etologia degli Animali d’Affezione» non hanno funzionato, adesso che tutti hanno capito quello che l’Università sapeva da sempre, ovvero che quella dell’Università diffusa sul territorio era una balla, cercano di fare lo scaricabarile. E uno Stella disponibile si trova sempre.

(http://www.gennarocarotenuto.it/4915-follia-delluniversit-o-follia-della-confindustria/)

bye bye betty

giovedì 11 dicembre 2008

sabato 22 novembre 2008

Link

Sarà il caso di dargli un'occhiata

http://www.articolo21.info/179/rubrica/8-06-famiglie-e-clan-sul-territorio-umbro.html

http://www.articolo21.info/197/rubrica/8-07-umbria-terra-di-soggiorni-a-regime-speciale.html

venerdì 24 ottobre 2008

Lessons in Love


Da “GIORNO/RESTO/NAZIONE” di giovedì 23 ottobre 2008

INTERVISTA A COSSIGA «Bisogna fermarli, anche il terrorismo partì dagli atenei» di ANDREA CANGINI - ROMA PRESIDENTE Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato? «Dipende, se ritiene d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo.

Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».

Quali fatti dovrebbero seguire? «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».

Ossia? «In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…».

Gli universitari, invece? «Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che? «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che…

«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti? «Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no? «Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che in- dottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.

«Balle, questa è la ricetta democratica:

spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».

Quale incendio? «Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università.

E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».

E` dunque possibile che la storia si ripeta? «Non è possibile, è probabile.

Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».

Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.

«Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama…».

Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente…

«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all`inizio del- la contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com`era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro.

La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla… Ma oggi c`è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente».

CONFRONTO «Ieri un Pci granitico oggi Pd ectoplasma Perciò Berlusconi dev`essere prudente» [.]

lunedì 13 ottobre 2008

tornelli e capitalismo



C'è questo tipo che guida la macchina, e a un certo punto capisce di essersi perso. Avvista un uomo che passa per la strada, accosta al marciapiede e gli grida:

- Scusi, mi potrebbe aiutare? Ho promesso a un amico di incontrarlo alle due, sono in ritardo di mezz'ora e non so dove mi trovo...-

- Certo che posso aiutarla. Lei si trova in un'automobile, tra 40 e 42 gradi latitudine Nord e tra 58 e 60 gradi longitudine Ovest, sono le 12 e 23 minuti e 35 secondi e oggi è venerdì e ci sono 21,5 gradi centigradi... -

- Lei è un impiegato? - chiede quello dentro l'automobile. -

- Certamente. Come fa a saperlo? -

- Perché tutto ciò che mi ha detto è 'tecnicamente' corretto, ma praticamente inutile. Infatti non so che fare con l'informazione che mi ha dato e mi ritrovo ancora qui perso per strada!-

- Ah. Lei invece è un dirigente. -

- Infatti, lo sono. Ma... da cosa lo ha capito? -

- Non sa né dove si trova, né come ci è arrivato, né tanto meno dove andare;
ha fatto una promessa che non sa assolutamente come mantenere ed ora spera che un altro le risolva il problema;
di fatto, è esattamente nella merda in cui si trovava prima che ci si incontrasse... ma adesso, per qualche strano motivo... risulta che la colpa è mia

martedì 30 settembre 2008

Niente Panico

Si intravede la luce alla fine del tunnel...
































... ah no, è solo un Tir che ci viene addosso.

giovedì 25 settembre 2008

Vertenze




"Il direttore della Graziano di Nodai (India) non è riuscito a concludere la trattativa con i 200 operai che aveva licenziato: passati dalle parole ai fatti, l'hanno ucciso a bastonate. Il governo indiano li difende: «Deve servire da lezione ai vari management. I lavoratori vanno trattati con compassione»."

Son soddisfazioni...

lunedì 22 settembre 2008

Nostalgia



"io non sono razzista, ma...", "io non ce l'ho coi negri/albanesi/rom/rumeni/marocchini/arabi/terroni/etc..., ma"


Almeno nel Manifesto della Razza si rivendicava l'esigenza di dichiararsi "francamente" razzisti...

venerdì 29 agosto 2008

In compagnia dei lupi


Costi pubblici, profitti privati
di Tito Boeri (venerdì 29 agosto 2008)



Adesso sappiamo cosa il governo intenda per “economia sociale di mercato”.

Non ci sarà bisogno di aspettare il verdetto della commissione di studi annunciata da Tremonti per discutere l’attualità del messaggio della scuola di Friburgo. Economia sociale di mercato nell’accezione dell’esecutivo consiste in un metodo scientifico per socializzare le perdite e privatizzare i profitti.

Questo principio è stato seguito meticolosamente nella gestione della crisi Alitalia.
Come spiegato ieri con dovizia di particolari da Eugenio Scalfari e sul CorSera da Francesco Giavazzi, il piano predisposto per il “salvataggio” di Alitalia intende trasferire sui contribuenti italiani i debiti della compagnia.

Non sappiamo ancora...
se Bruxelles permetterà questa operazione. E’ molto probabile che così non sia anche perché il piano viola la condizione posta dalla Commissione europea nell’autorizzare quel prestito ponte che ha permesso ad Alitalia di dilapidare in pochi mesi altri 300 milioni di euro, provenienti dalle casse dello Stato.

Il governo italiano non avrebbe dovuto permettere alcuna espansione della compagnia, mentre il piano predisposto da Banca Intesa prevede l’incorporazione di Air One. Rimangono comunque le intenzioni. Il piano prevede che la “good company”, scorporata dalla “bad company” venga consegnata alla cordata italiana, libera di debiti e di esuberi. Questo ci porta al secondo terreno di socializzazione dei costi, quello forse più pesante.

Il piano prevede tra i 5.000 e i 6.000 esuberi. Sono circa il triplo di quelli prospettati cinque mesi fa da Air France-Klm. Oltre a perdere quella grande occasione, il governo non ha fatto nulla in questi mesi per riformare gli ammortizzatori sociali, pensando anche più in là della crisi Alitalia, con una recessione alle porte con la disoccupazione che è tornata ad aumentare.

Agli annunci di voler rivoluzionare il nostro mercato del lavoro, muovendosi nel tracciato della flexicurity è seguito solo il blitz estivo che ha impedito l’assunzione alle Poste dei lavoratori con contratto a tempo determinato che avevano fatto ricorso per violazione delle condizioni contrattuali. In quel caso si è cambiata la legge prima che i ricorsi andassero a buon fine imponendo all’azienda l’assunzione a tempo indeterminato di molti lavoratori. Si è voluto applicare al mercato del lavoro lo stesso metodo applicato dal nostro presidente del Consiglio nell’affrontare i suoi problemi con la giustizia: intervenire su processi in corso. L’irruenza (al limite dell’incostituzionalità) di quel provvedimento era stata allora giustificata dalla necessità di ridurre il personale delle Poste.

Ora abbiamo però saputo che le Poste dovranno assorbire gli ex-dipendenti Alitalia. Simile destino dovrebbe essere riservato ad altre aziende a controllo pubblico o nella stessa amministrazione pubblica verso cui il personale in eccesso della compagnia di bandiera verrà ricollocato, meglio “dirottato”, nel nome del recupero di efficienza nella gestione del personale. E' molto probabile poi che verranno, una volta di più, definiti con leggi ad hoc ammortizzatori sociali più generosi di quelli riservati ai comuni mortali per affrontare la crisi Alitalia, ovviamente a carico del contribuente.

Che il governo non si faccia problemi a ricorrere a leggi ad hoc in questo caso lo sappiamo già: intende infatti cambiare le procedure previste dalla legge Marzano per l’amministrazione straordinaria, permettendo la separazione fra la “bad” e la “good” company.

Il terzo terreno su cui si procederà a socializzare i costi è quello riservato ai consumatori-viaggiatori italiani, condannati a pagare di più per salire sull’unica compagnia (è questo il significato di bandiera?) con cui sarà loro permesso di viaggiare. Speriamo solo che venga loro risparmiato il messaggio “grazie per avere scelto di viaggiare con noi” oggi riservato a chi si serve di Trenitalia.

Come spiegato da Andrea Boitani e Carlo Scarpa su lavoce.info, il piano di Banca Intesa contempla l’applicazione dell’articolo 25 della legge 287/90 che prevede in caso di “rilevanti interessi generali dell’economia nazionale” operazioni di concentrazione (leggi il monopolio della ricca tratta Fiumicino-Linate, la terza in Europa per volumi di traffico) che violino la normativa antitrust.

Non sappiamo se anche il testo della legge verrà cambiato. Dovrebbe appellarsi agli “interessi generali della cordata”, anziché anche a quelli dell’economia nazionale, dato che l’intento dei “salvatori” è proprio quello di rivendere Alitalia ad Air France o altra compagnia europea, possibilmente realizzando dei profitti. Se mai ci saranno questi profitti saranno rigorosamente privati, nel senso anche di escludere gli azionisti di Alitalia.

Non è la prima volta che per affrontare crisi aziendali si ricorre alla separazione di quelle attività che sono ancora economicamente vantaggiose dalle attività che sono cronicamente in perdita. Ma i proventi derivanti dalla vendita della “good company” servono in casi simili a coprire i debiti della “bad company”, riducendo gli oneri per lo Stato e gli azionisti. In questo caso la good company verrà regalata a un gruppo di imprenditori che si occuperanno di trovare il migliore acquirente.

E questo l’unico mercato che viene concesso. Solo a loro.

giovedì 28 agosto 2008

la georgia è come il Kosovo, la Georgia non è come il Kosovo


Lezione di russo agli "occidentali"

di Tito Pulsinelli

L'intervento della Russia in difesa dell'Ossezia meridionale è un sinistro monito per ricordare agli "occidentali" – cioè al giro internazionale anglosassone e all'Unione Europea - che non confondano il Caucaso con i Balcani. La Georgia non sarà un Kosovo.
Il Caucaso rimane una barriera invalicabile, e se gli "occidentali" vogliono spingere oltre la linea espansiva della NATO, troveranno resistenza non solo diplomatica. Sarà guerra guerreggiata sul terreno.
La risposta aspra data dal Cremlino alla provocazione commissionata alla cosca mafiosa, che ha provvisoriamnte in mano il destino della Georgia, ha sorpreso le fila "occidentali". Hanno reagito in evidente ordine sparso. Svariando dall'impotente Bush che ha lamentato la "reazione eccessiva" russa, al biascicato coro in falsetto della diplomazia europea.

L'UE ha una politica internazionale? Ha una politica per la parte orientale europea? I fatti confermano che continua a stare al rimorchio del fondamentalismo dell'attuale inquilino della Casa Bianca. Con il ricatto aggiuntivo di Varsavia e dei suoi valvassini del Baltico (Lettonia, Estonia e Lituania).
Vale a dire quei Paesi che l'impresentabile Rumsfeld si compiacque di definire "nuova Europa", e che vennero sospinti a forza sul vagone dell'Unione Europea dagli Stati Uniti. Washington continua tuttora a dettare i tempi e le modalità dell'unificazione. Ora pretende che venga accettato persino il Kosovo: un protettorato della NATO che non ha un posto all'ONU.

L'inatteso pugno di ferro di Putin si è abbattuto – senza incontrare resistenza degna di nota - contro punti nevralgici della Georgia, e ha dimostrato non solo l'insufficienza degli istruttori israeliani, e la fragilità del riarmo somministrato dagli statunitensi, ma pure l'impossibilità di una ritorsione della NATO.
Nelle intenzioni dei mandanti della cosca mafiosa di Tiblisi, doveva trattarsi di una "guerra lampo" con cui i georgiani dovevano riprendere senza colpo ferire il controllo della capitale dell'Ossezia. Questa mossa avrebbe dovuto annullare il verdetto del referendum, con cui il 90% della popolazione volle l'autonomia dell'Ossezia e la separarazione dalla Georgia.
Dopo il fallito blitzkrieg, la megamacchina mediatica "occidentale" ha ripristinato a tambur battente la sepolta "guerra fredda", ma questa categoria è palesemente inappropriata per definire l'azione dei russi.

Il Cremlino ha somministrato agli "occidentali" una dose della stessa medicina usata da costoro nella terapia di annichilimento della Federazione Jugoslava. Mosca è accorsa in difesa di un micro-Stato e dei propri cittadini, attaccati con unilaterale brutalità e con l'insensatezza politica tipica dei sicari.
Si tratta, invece, di una autentica e post-moderna "guerra umanitaria", in tutto simile a quella combatuta con i bombardamenti della NATO contro gli jugoslavi. E' una operazione contro il "terrorismo", identica a quella che gli Stati Uniti e la NATO attuano contro l'Iraq e l'Afganistan.

La sostanziale passività militare "occidentale" è dovuta a questa camicia di forza concettuale, con cui Mosca ha mimetizzato l'operazione militare nel Caucaso. E, soprattutto, al fatto che gli "occidentali" sono impantanati da cinque anni in due guerre di cui non riescono a intravedere alcun esito positivo.
Ora la disputa passerà al terreno della diplomazia, ed ecco spuntare la rediviva "guerra fredda". E' come usare un paio d'occhiali d'antiquariato per cercare di focalizzare la nuova realtà.

Il Caucaso non sono i Balcani, e la Russia è pronta a dimostrarlo con la guerra calda. Per notificare che si tratta di una linea di demarcazione invalicabile, di cui deve prendere atto l'espansionismo degli Stati Uniti. Tuttora protesi a conficcare cunei bellici a ridosso delle frontiere russe e russo-cinesi.

Z. Brzenziski lo ha detto, ripetuto e scritto in tutte le salse: l'egemonia degli Stati Uniti dipende dalla separazione permanente della penisola occidentale europea dall'immensa massa geoeconomica della Russia.
E' di importanza strategica mantenere separato il meta-Stato europeo - e la sua primeggiante economia - dall'estensione territoriale russa e dalle sue incommensurabili riserve di idrocarburi e minerali. Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Le élites europee, invece, fanno di tutto per mettere festosamente nelle mani del Pentagono – sotto le mentite spoglie della NATO - le chiavi dei suoi futuri e vitali rifornimenti di gas e petrolio.
Bruxelles si svena per combattere guerre che non sono le sue, in nome di linee di oleodotti e giacimenti cui potrebbe accedere con una politica di coperazione, non interferenza e congelamento del riarmo. I "commissari" ripetono all'infinito che non possono permettersi la "dipendenza energetica" dai russi, dagli iraniani e dagli arabi in generale.
Possono permettersi – a quanto pare - la dipendenza totale dagli Stati Uniti in fase calante. Non si chiedono mai quanto costa a costoro - in spese militari - la protezione delle rotte petrolifere che iniziano nella penisola arabica. C'è chi dice che ammontano a 10-12 dollari per ogni barile.

L'unificazione europea è un affare nelle mani esclusive di banchieri, guidati solo con dogmi macroeconomici e dall'obiettivo della liquidazione delo Stato sociale. Sono loro che hanno portato la UE da sei Paesi a una trentina, con il cappio al collo di un processo decisionale basato sull'unanimità.
Hanno incorporato tutto e tutti: ex comunisti, ex nazionalisti, ex monarchie, ex tutto, a condizione di sottostare a cinque sacri indicatori economici. C'era posto per tutti, meno per la Federazione Jugoslava, unico Paese federale a carattere multinazionale, multiculturale, multilingue e multireligioso.

L'UE è condannata a rimanere un gigante economico e un nano geopolitico, privo di una difesa militare sovrana e senza politica estera coerente. Ridotta a spalleggiare sempre gli Stati Uniti, anche nell'avventurismo fuori stagione nel Caucaso.
Si limita al minimalismo di ritagliarsi il ruolo poco credibile di carabiniere buono. In realtà, Bruxelles è sempre più ostaggio della "nuova Europa", il cavallo di Troia telecomandato dall'altra sponda atlantica.

L'autismo dell'UE è ormai senza limitii. La catena di provocazioni contro la Russia si è spinta fino a permettere l'istallazione di postazioni anti-missilistiche in terra ceca e polacca. La NATO, invece, non accetta nelle sue fila quei Paesi che ospitano basi militari straniere.

Gli "occidentali" continuano a scambiare i propri desideri per realtà, e credono che al Cremlino ci sia ancora l'ingenuo Gorbacev, che ingannarono facilmente con la menzogna del congelamento della NATO in cambio della riunificazione della Germania.
Sono passati anni luce dai tempi dell'etilico Eltsin e delle cannonate contro i deputati – con il tifo sguaiato di tutte le capitali europee - quando frenavano la vendita all'asta del patrimonio industriale e delle risorse russe alle banche transatlantiche.

A est non vi è più niente da privatizzare, c'è una prima inversione di tendenza che vede riaffiorare un ritorno del neo-protezionismo e un ruolo più attivo degli Stati nell'economia.
La Russia ha scacciato verso Londra gli oligarchi venuti dal nulla, e con la nazionalizzione dei giacimenti ha recuperato il controllo del potenziale energetico del suo sottosuolo.
Gazprom è fra le prime tre multinazionali dell'energia, garantisce importanti flussi finanziari all'erario e ha reso possibile il recupero della sovranità e dell'iniziativa geopolitica.

I nani di Bruxelles indulgono nell'ignorare che la Russia ha annullato il proprio debito estero e che – dal 1999 - le sue riserve monetarie sono passate da 12 miliardi a 315 miliardi di dollari. Si appresta a fare del rublo una moneta internazionale, e venderà gli idrocarburi quotati con la sua moneta. Non ha mai cessato di essere la prima potenza missilistica.
I tragici avvenimenti del Caucaso sono un monito che segnala come la Russia sia tornata al tavolo del grande gioco come un giocatore globale, dove l'UE è succube ed insiste nel sedere accanto al tutore, rinunciando a un ruolo autonomo e chiaramente multipolarista.

L'UE continua a sottovalutare che l'estremismo manicheo di Washington, l'intimazione del "o con me o contro di me" ha prodotto il ravvicinamento dei Paesi mantenuti sotto la mannaia delle rappresaglie.
L'Organizzazione della Coperazione di Shanghai (SCO) è la convergenza della Russia con la Cina, cui si sommano le nazioni ora indipendenti dell'ex sfera sovietica asiatica (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan), e come paesi osservatori India, Pakistan, Mongolia e Iran.
Dall'agosto del 2007, la SCO - oltre al ruolo di istanza commerciale e finanziaria - ha effettuato le prime esercitazioni militari congiunte, diventando a tutti gli effetti una anti-NATO.

Questo è un fatto, e per quanto si voglia continuare a mantenere la testa sotto la sabbia, la realtà non si può ignorare a lungo. L'UE finora ha preferito fiancheggiare la "esportazione di democrazia", a mano armata o disarmata. Don Mikhail Saakashvili e la sua banda sono il frutto maturo delle "rivoluzioni colorate", vere e proprie operazioni di guerra psicologica finanziate da Soros e dai fondi pubblici della NED.
La manipolazione massiccia dei mezzi di informazione, i colpi bassi alle autorità elettorali combinate con forti pressioni della piazza, approdano all'istaurazione di regimi simil-democratici proni alla Casa Bianca, a Kiev come a Tiblisi.

L'ombra lunga del Kosovo si è allungata fino al Caucaso, mettendo a nudo una crisi di credibilità che coinvolge, oltre a Bruxelles e Washington, l'intero assetto "occidentale" e si inserisce all'interno della stessa NATO.
La Georgia perde la sua integrità territoriale e vede allontanarsi la possibilità di entrare nella NATO, mentre la Russia si consolida a ridosso dei mari caldi del sud.
Quand'anche gli "occidentali" continuassero a subordinarsi alle holliwoodiane "rivoluzioni colorate", inserendo l'umiliata e dimezzata Georgia nella NATO, la sua incorporazione reale ed effettiva non sarà possibile prima di cinque anni. E l'Ucraina dovrebbe aspettare fino al 2017, quando scadrà il trattato binazionale che regola la presenza russa a Sebastopoli e nel Mar Nero.

Nel frattempo, molta acqua bagnerà le sponde del Caspio e del Mar Nero, e altre mosse a sorpresa potranno effettuarsi su questo scacchiere bollente. Questa guerra che, al pari di molte altre, vede le grandi potenze giocare sulla pelle e sul territorio delle piccole e medie nazioni, sicuramente si inasprirà. Verrà combattuta con tutte le modalità dettate dalla guerra asimmetrica, ma difficilmente assomiglierà a una "guerra fredda".

Gli "occidentali"e la NATO, vittime della letargia mediatica, non hanno ancora assimilato la lezione strategica proveniente dall'Afganistan, nè il muro opposto vittoriosamente da Hezbollah contro gli invasori israeliani in Libano. Era l'estate di due anni fa. Il Grande medio oriente continua a essere una chimera, e già gli "occidentali" si stanno infrascando nel Caucaso. Di certo, affrontano più problemi di quanti siano in grado di risolverne, convertendosi in un fattore moltiplicatore di instabilità internazionale.
In altre parole, gli "occidentali" hanno la vista più grande dello stomaco, e finiscono per sfilacciare e diluire le loro armate su troppi fronti.

venerdì 15 agosto 2008

Non bastavano le locuste...



se non succedono cataclismi, e se me consegnano in tempo le foto calandrate sui pannelli, giovedì 21 alle 19 circa v'aspetto.

giovedì 7 agosto 2008

martedì 29 luglio 2008

vieni a ballare in Puglia Puglia Puglia



Non mi sei piaciuto Nichi. Già nella fase precongressuale con l'arroganza di chi si pone come l'unica possibilità, nei discorsi fumosi e pindarici condivisibili solo per chi oltre la forma non scende, nell'insistere su un intelletualismo snob che bolla a colpi di etichette l'altro, nelle lettere "aperte" (ma solo nella definizione) di chi svicola la battaglia all'interno delle sedi preposte del partito per buttarla in piazza, nelle frasi ad effetto che pesano come macigni, nel brigare con le tessere per garantirsi il posto, nel forzare per enne volte la mano rifiutando il congresso a tesi per puntare su quello a mozioni, nell'essere cieco sulla reale forza a disposizione (e che tipo di valutazioni faresti allora da segretario), nella retorica della sconfitta, nelle pessime frasi post sconfitta, nel livore del dopo sconfitta.

compagni, questi dopo le europee escono.
Se trovano chi gli da un po' d'accoglienza.

ci scommetto un blocchetto schizzi.

sabato 28 giugno 2008

il popolo e il regime (secondo i mass medium)


Manifestazione contro Christina Kirchner a Buenos Aires (

nella foto una signora che tiene sottobraccio la domestica che ha il compito di sbattere le pentole (il famoso Cacerolazo) per lei...

venerdì 13 giugno 2008

mercoledì 11 giugno 2008

martedì 6 maggio 2008

Bye B'Ham



E così è finita anche questa parentesi inglese.

In una giornata splendente di raro sole quasi estivo saluto Birmingham e il mio sempre squisito ospite.
Che, vi giuro, è diventato come l'ho disegnato.

sabato 3 maggio 2008

b'ham



Esaurimento. Beccarsi le prime luci del giorno inquieto britannico di birmingham, Uk correndo per il canale che attraversa la citta' ruttando i vegetables, la birra e il sushi di ieri sera e poi perdersi di corsa nel campus della University of Birmingham luogo di lavoro elettivo del mio birrofilo ospite, doccia calda e poi andare incontro all'emicranico struscio del Bullring.
In un Applestore sto digitando dal nuovo laptop Air.

Sono commosso.

Viva l'Inghilterra, viva la apple, viva i vegetables, viva la figa.

mercoledì 30 aprile 2008

In-Memoria



Le truppe del generale Giap entravano a Saigon oggi trentatrè anni fa

Pro-Memoria


Ostia | 28 aprile 2008
A Ostia fatta a pezzi la targa delle Fosse Ardeatine

La targa commemorativa delle vittime delle Fosse Ardeatine, collocata in piazza della Stazione Vecchia ad Ostia, quartiere del litorale di Roma, è stata fatta a pezzi con un grosso martello. Pochi dubbi sugli autori dell’atto di vandalismo: sopra alla targa è stato scritto, con la vernice, «Il popolo di Ostia inneggia al Duce». [...] (RaiNews24, 28-04-08)


Quelle martellate non colpiscono un monumento, un feticcio inerte, non solamente: colpiscono noi, carne e sangue, la memoria e il conflitto, prima di tutto culturale.
Aspettiamoci nei prossimi anni molte altre di queste martellate (ne abbiamo esempi decennali alle spalle, ma certo la "tabula rasa" risultato di questi ultimi tre mesi è per certi versi una novità, una orrida novità).
D'altronde si comincia a distruggere proprio dai simboli.

Nessuna fiducia in una classe dirigente rappresentativa in parlamento solo dei suoi interessi e degli interessi dei suoi committenti potentati capace di una sola vittoria a cinque mesi dalla fondazione del PD: aver contribuito alla semplificazione del quadro politico emarginando coattamente le forze di sinistra (peraltro gravemente corresponsabili della propria scomparsa attuale), agendo da perfetti sicari per i titolari dei culi ai quali hanno attaccato le lingue per ventanni (e vedere esultare Montezemolo per questo è stato doloroso, ancorché perfidamente comprensibile).

Omicidio d'altronde squisitamente simbolico, anche questo, vista l'autoreferenzialità della classe dirigente della sinistra l'arcobaleno (ma si può essere peggio di così per scegliere un nome del genere, laddove trasuda fin dalla grammatica il clima delle riunioni di vertice tra Satrapie chiuse?), la sua inadeguatezza storica, la sua inefficacia aanalitica e pratica, il suo fallimento politico e sociale.

Un PD che già fa intuire la annunciata "fermezza e orgoglio" (oltreché l'utilità, per contrappasso, tiè) della propria presenza all'opposizione rinunciando persino a presentare una candidatura anche di bandiera per gli scranni di camera e senato.

Intanto però alcuni segnali, passati sottosilenzio come l'atto fascista d'Ostia, devono essere salvati dal magma di parole e pensieri goebbelsiani prezzolati di un'informazione ipertrofizzata sui temi della sicurezza e del turbosfruttamento (con vere e proprie peculiarità eversive) .
Vicenza nel cuore del nordest da marea verde passa al centrosinistra (compiendo una rimonta elettorale clamorosa) per l'intelligenza - e certo la convenienza - di un candidato che ha rotto i tabù delle compatibilità Piddine (incontrando anche i malumori di potentati democratici locali e nazionali) sostenendo apertamente le ragione dei comitati No Dal Molin. Un candidato insomma che ha ascoltato la propria comunità e le sue ragioni.
E che risponde a Berlusconi che si era appellato immediatamente dopo il voto al "buon senso" dei vicentini (parole che erano risuonate e risuoneranno sulla bocca bipartisan di Prodi e di tanti altri dirigenti piddini), che il buon senso è quello che suggerisce di non arrogarsi il diritto di fare ciò che si vuole senza rapportarsi alle ragioni delle comunità interessate.


SI riparta (anche) da qui, per lo meno nella pratica elettorale.

Si riparta, invece, dal rifiuto della semplificazione (vero vessillo della campagna veltroniana e insieme summa di una strategia lunga venti anni da parte di quel gruppo dirigente fallimentare) che porta acqua solo agli interessi economici e politici avversi alle classi popolari (che si pretende di cooptare alla logica "padronale" da e in posizione subalterna) e che è una delle chiavi del perché i lavoratori votano lega o pdl, forze che hanno interesse e (grazie all'incapacità - e alla non volontà - dei cosidetti riformisti di riformare il sistema dell'informazione e della concentrazione capitalistica) soprattutto i mezzi per preparare un terreno di paura e insicurezza per poi passare all'incasso con risposte semplificate e rassicuranti.

Combattere, attraverso il lavoro culturale - un immane lavoro - quella che il sociologo Galbraith aveva ben sintetizzato col termine "saggezza convenzionale": la tendenza fisiologica dell'uomo ad associare la verità alla convenienza, ossia quanto non disturba il proprio interesse, il proprio benessere e il proprio comodo.

Si riparta da quelle che vengono sbeffeggiate come posizioni "radicali" e trattate con la conseguente sufficienza snobistica e interessata dai soloni a cui invariabilmente si presta l'orecchio da parte di una classe politica autoreferente, inamovibile e stitica di idee che non siano di respiro brevissimo, a uso e consumo immediato (e il veltronismo è finito, sono d'accordo con la Armeni, per l'incapacità di essere funzionalee paradossalmente "utile" in una logica non governativa, privo com'è di una qualsivoglia idea di sistema/società per quanto blandamente diversa e "promessa", che resista alla mancanza di ruoli amministrativi).

RadicalI, che vadano alla radice.

Prima di tutto delle parole.
Che sono usate per raggirare le persone (si pensi a "soluzione finale" in luogo di "sterminio" o a "termovalorizzatore" per "inceneritore") anziché per emanciparle.
Non a caso un'intera generazione d'intellettualità italiana è sta "espulsa" dal paese: da politiche di compressione inesorabile di investimento (i famosi cervelli in fuga), soverchiata nelle sue -ovvie peraltro- ragioni dalle grida di un'informazione asservita (si pensi al caso del papa alla Sapienza), precarizzata e resa dipendente quindi asservita essa stessa.


Si dia pane al pane. Verrà il tempo del vino

lunedì 21 aprile 2008

Alea iacta est

Oggi mi sono dimesso ufficialmente.

Dieci anni.
Di cui perlomeno cinque passati a pensare di farlo.

Speriamo bene per il futuro.

martedì 15 aprile 2008

venerdì 11 aprile 2008






Il nulla col partito intorno. Altro che Polo.






Il nuovo che avanza.

Ma solo perché il chirurgo estetico ha sbagliato a ordinare il botulino.

Eeeeh, non c'è più il futuro di una volta...





Partito Socialista Ehi! Qualcuno ha parlato?








La Destra Sì, vabbeh... quando avete finito pulite e spegnete la luce








Sinistra Critica Io li voterei pure, se non avessi il terribile sospetto che l'omino nel loro simbolo non sia una chiara suggestione subliminale della famosa multinazionale dell'aranciata amara...









Partito Comunista dei Lavoratori come direbbe Paolo: "Oooottimo compagni! I partiti comunisti si moltiplicano!








Bene comune, PLI, No Euro, Meda, Aborto No Grazie, ecc.. Ragazzi, fatevene una ragione: il nanismo è una patologia. E Biancaneve non ve la darà mai.

giovedì 3 aprile 2008










Voto, Pizza della Dc smentisce di avere già deciso su rinuncia
giovedì, 3 aprile 2008 2.22
Versione per stampa

ROMA (Reuters) - ll segretario della Democrazia Cristiana, Giuseppe Pizza, smentisce di avere già preso una decisione circa la rinuncia a correre alle elezioni e corregge le dichiarazioni precedentemente fatte a Radio24.

"Ho solo dichiarato che la Democrazia Cristiana per senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni dello Stato potrebbe decidere di rinunciare alla legittima richiesta di rinvio del voto facendo una campagna elettorale, che in soli dieci giorni non può essere che di testimonianza", dice Pizza in una dichiarazione diffusa sul sito della Dc.

Le notizie secondo cui Pizza avrebbe rinunciato a partecipare alle elezioni del 13 e 14 aprile, diffuse stamattina, vengono quindi definite nella nota "destituite di ogni fondamento".

Il simbolo della Dc di Pizza - in coalizione al Senato con Pdl, Lega ed Mpa - non era stato ammesso dal Viminale alle elezioni perché troppo simile a quello dell'Udc. Poi ieri una pronuncia del Consiglio di Stato sulla riammissione aveva messo in forse lo svolgimento del voto.

Il Viminale ha depositato stamani in Cassazione un ricorso contro la riammissione per conflitto di giurisdizione in materia elettorale. Secondo fonti giudiziarie, l'Alta corte si pronuncerà sul tema all'inizio della prossima settimana.





Democrazia Cristiana: Pizza e fichi.

mercoledì 2 aprile 2008








sentire Roberto Fiore definirsi anticapitalista e antimperialista mi fa venir la voglia di abbonarmi al Wall Street Journal dopo avere invaso San Marino

martedì 1 aprile 2008

Petting politico spinto

Inauguro una nuova rubrichètta che vuole accompagnarci alle Magnifiche Sorti e Progressive del 14 aprile.








La Santanché ogni tanto le spara così grosse che sembra un bambino che tira una puzzetta in un ascensore pieno di gente e poi si guarda intorno soddisfatto per vedere l'effetto che fa...

Aderite numerosi, por favor


In difesa delle associazioni per i diritti umani in Colombia

I sottoscritti sono estremamente preoccupati per l’immediato pericolo di vita nel quale versano centinaia di dirigenti di associazioni in difesa dei diritti umani colombiane che hanno organizzato la grande manifestazione contro il Terrorismo di Stato in Colombia dello scorso sei marzo, alla quale hanno preso parte attiva centinaia di associazioni della società civile colombiana e oltre 300.000 persone.

A seguito delle dichiarazioni del consigliere del presidente Álvaro Uribe, José Obdulio Gaviria, che ha bollato la manifestazione come “organizzata dalle FARC”, gli squadroni della morte del gruppo paramilitare che firma le proprie azioni come "Aguilas Negras" hanno assassinato in rapida sequenza quattro dirigenti sindacali e di ONG che avevano promosso la manifestazione, ne hanno sequestrati altri due, minacciato direttamente altri 40, mentre decine di altri versano in immediato pericolo di vita.

Ci uniamo pertanto al MOVICE (Movimento Nazionale delle Vittime dei Crimini di Stato) e a decine di altre sigle della società civile colombiana, nell’esigere le dimissioni di José Obdulio Gaviria, personaggio da più parti accusato di essere organico sia al paramilitarismo che al narcotraffico, ma che continua ad essere tra i più stretti collaboratori del presidente Álvaro Uribe.

Chiediamo inoltre ai governi dell’Unione Europea e al Parlamento Europeo, nonché ai governi latinoamericani, di effettuare urgenti pressioni sul governo colombiano perché difenda l’integrità fisica di tutte le persone sotto minaccia, individui e fermi gli autori dei quattro omicidi e degli altri crimini che si attribuiscono a gruppi paramilitari che il governo colombiano sostiene essere da tempo smobilitati.

Per adesioni inviare una mail a: solidaridadmovice@gmail.com

Acá el testo en castellano del Llamado urgente en defensa de las asociaciones para los DDHH en Colombia.

En Français: Appel Urgent Défense Droits de l’Homme Colombie

Promotori:

Annalisa Melandri, traduttrice
Gennaro Carotenuto, storico, Università di Macerata
Guido Piccoli, scrittore, giornalista
Stella Spinelli, giornalista Peace Reporter

Primi firmatari:

Luigi Ciotti, sacerdote, Italia
Noam Chomsky, linguista, MIT, Stati Uniti
Gianni Minà, giornalista, Italia
Beppe Grillo, comico, Italia
Frei Betto, scrittore, Brasile
Martín Almada, premio Nobel Alternativo per la Pace 2002, Paraguay
Vittorio Agnoletto, parlamentare europeo, Italia
Jose Luíz Del Roio, senatore, Italia/Brasile
Francesco Martone, senatore, Italia
Ramon Mantovani, deputato, Italia
Meri Lao, musicista e scrittrice, Uruguay-Italia
Hernando Calvo Ospina, giornalista Le Monde Diplomatique, Colombia/Francia
Maurizio Matteuzzi, giornalista Il Manifesto, Italia
Raúl Zibechi, giornalista, Uruguay
Maurizio Chierici, giornalista L’Unità, Italia
Meir Margalit, storico, Israele
Emanuele Giordana, giornalista, Italia
Luciano Scateni, giornalista, scrittore, Napoli
Antonio Vermigli, Rete Redié Resc, Italia
Santiago Alba Rico, scrittore, Spagna
Rocco Altieri direttore Quaderni Satyagraha, Italia
Mario Amorós, storico e giornalista, Spagna
Atilio Borón, filosofo, Argentina
Stella Calloni, scrittrice e giornalista, Argentina
Mario Casasús, giornalista, Messico
James Cockroft, accademico e scrittore, Canada
Geraldina Colotti, giornalista il Manifesto
Marinella Correggia, scrittrice, Italia
Heinz Dieterich, sociologo, Germania/Messico
Carlos Fernández Liria, Universidad Complutense de Madrid
Jeff Halper, antropologo, Israele
Celia Hart Santamaria, giornalista, scrittrice, Cuba
Martin E. Iglesias giornalista, presidente Selvas.org
Gilberto López y Rivas, antropologo, Messico
Loredana Macchietti, editore, Italia
Antonio Mazzeo, giornalista e saggista
Antonio Moscato, Università di Lecce
Harald Neuber, giornalista, Germania
James Petras, sociologo, Stati Uniti
Higinio Polo, giornalista, professore, Barcellona, Spagna
Bernardo Reyes, scrittore, poeta, Temuco, Cile
Francesco Romanetti, giornalista Il Mattino, Italia
Paolo Rossignoli, editore Edizioni Achab, Italia
Ursula Salwa, casa editrice Intra Moenia, Polonia
Pascual Serrano, giornalista Spagna
Gino Solito, direttore amministrativo Intra Moenia, Italia
Carlos Tena, giornalista, Spagna
Juan Torres López, economista, Spagna
Ivonne Trías, scrittice e giornalista, Uruguay
Marco Tropea, editore, Italia
Pepe Viñoles, artista plastico e giornalista,Svezia/Uruguay
Attilio Wanderlingh, giornalista, editore, Napoli
Aldo Zanchetta presidente Fondazione Neno Zanchetta (Lucca)
Roberto Zanini, giornalista Il Manifesto
Anibal Quijano, professore, Perù - Usa
Maurizio Acerbo, deputato Italia
Enzo Apicella, vignettista, Italia
Daniel Viglietti, musicista, Uruguay
Angelo Stefanini, medico, professore, Osservatorio sulla salute globale, Italia
Tana de Zulueta, politica, Italia
Alex Zanotelli, Missionario comboniano
Antonio Melis, Professore di Letterature ispanoamericane, Università di Siena, Italia


Associazioni:

Abuelas de Plaza de mayo
LIBERA - associazioni nomi e numeri contro le mafie
PAX CHRISTI - movimento cattolico internazionale per la pace
AFADEM/FEDEFAM Associazione dei Familiari dei Detenuti scomparsi e Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani Messico
Associazione A Sud
LIMEDDH Lega Messicana per la Difesa dei diritti Umani
Osservatorio per la Pace del Comune di Capannori (Lucca)
Rete di Solidarietà Colombia Vive!
Terre des Hommes Italia
Rete Redié Resc
WENUYKAN, Amicizia con il popolo Mapuche
Associazione nazionale Nuova Colombia
Amisnet, agenzia radiofonica
Associazione Latinoamericana di Cremona, ONLUS
Associazione Onlus "Uno sguardo verso Sud", Ferrara
Nuestro Canto, Santiago, Chile
Fòrum per la Memòria del País Valencià
Proyecto Colombia Siglo XXI - ONG
Comité Oscar Romero, Madrid, España
Comunidades cristianas populares, Estado español
Comunidad de vanguardia obrera, Madrid, España
Federación de comités de solidaridad con África negra, España
Diario Colombia
Associazione culturale Baobab, Opera (MI), Italia
Testimone di pace, Ovada (AL), Italia
Colectivo de Colombianos Refugiados en España- COLREFE
Associazione Culturale Chico Mendes, Roma, Italia
Asociación de Refugiados latinoamericanos y del Caribe ARLAC, Belgica
Agrupación de exPresas y exPresos Políticos, V Región Valparaiso, Chile
Comision Etica contra la Tortura, Chile
Coordinadora Nacional de exPresas y ExPresos Politicos, Chile.
Soldepaz.Pachakuti
Asamblea por la Paz. Siero. Asturias.
COSAL
Unión Universal Desarrollo Solidario
Coordinadora Popular Colombiana en París
Associazione “Marianella Garcia Villas” di Sommariva Bosco (CN)
Asociación Latinoamaricana de Derechos Humanos, Gotemburgo, Suecia
Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG)
Corriente Izquierda socialista Rosario
Amigos de la PAZ en COLOMBIA y en el MUNDO
SolidalTour
Sinistra Critica
Taller Andino de Comunicacion Popular - Agencia de los Pueblos En Pie
G.A.MA.DI. Organizzazione scientifica culturale
La VOCE mensile del G.A.MA.DI.
Comité de Solidaridad con América Latina de Xixon-Asturies

Più 'n là c'è 'l muro



Lontano da tutti...


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